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Hiv: centomila presto in cura con la singola compressa

Infettivologia Redazione DottNet | 27/06/2019 13:59

Antinori: "E' un regime potente, sicuro, facile da assumere, con scarsi effetti collaterali e un basso tasso di interazione con altri farmaci e con il cibo"

Sopprimere la carica virale di un paziente sieropositivo per ridurre il rischio di trasmissione del virus ad altri. E' l' obiettivo principale della comunità scientifica italiana, che oggi ha a disposizione per curare oltre gli 100 mila sieropositivi nel nostro Paese un' arma in più: è stata approvata dall' Aifa una nuova terapia a singola compressa. "E' un regime potente, sicuro, facile da assumere, con scarsi effetti collaterali e un basso tasso di interazione con altri farmaci e con il cibo", spiega Andrea Antinori, direttore della Uoc Immunodeficienze virali dell' Istituto nazionale per le malattie infettive 'Spallanzani' di Roma. Il nuovo trattamento, sviluppato da Gilead Sciences, è a base di bictegravir, emtricitabina, tenofovir alafenamide (Bif, Ftc,Taf) da assumere una volta al giorno per il trattamento dell' infezione da Hiv-1. "Questo regime sperimentale a singola compressa, approvato da pochi giorni anche in Italia, riunisce la potenza di un inibitore dell' integrasi (bictegravir) con il consolidato profilo di efficacia e sicurezza del trattamento a base di Taf ed emtricitabina - aggiunge Antinori - Mi auguro che ora passi poco tempo per metterlo a disposizione dei pazienti". Ma quali sono i pazienti candidabili a questo nuovo regime? "Direi tutti - risponde l' esperto - oggi non ci sono più distinzioni, i pazienti vanno trattati tutti. Si chiama accesso universale alla terapia, tutti devono essere trattati perché significa abbattere la carica virale nel sangue così il paziente non trasmetterà più il virus".

 "Nel nostro Paese ci sono ancora 15-16 mila persone che sono sieropositive, ma non sanno di esserlo e per le quali servirebbe fare una diagnosi il prima possibile - sottolinea Antinori - Questa accelerazione sarebbe un beneficio per la loro salute e, ovviamente, per l' intera comunità. Se noi teoricamente riuscissimo ad azzerare la carica virale a tutti i sieropositivi che oggi vivono in Italia, il virus smetterebbe di circolare - osserva Antinori - Questo concetto ha anche un valore sociale, il sieropositivo che fino a ieri si è sentito, a torto o a ragione, identificato come fonte di contagio e quindi ha subito uno stigma sociale legato a questa condizione di potenziale trasmettitore, e stiamo parlando del sieropositivo che correttamente assume la terapia e si cura, oggi sa e può dire di non essere più contagioso". La nuova terapia è il risultato di ricerca e investimenti. "Tutto è cominciato con il 'single tablet regimen' (Str): siamo stati i primi a crederci e a sviluppare l' innovazione terapeutica che ha permesso al paziente di passare da 20 a 1 compressa al giorno - sottolinea Valentino Confalone, general manager Gilead Sciences Italia - La somministrazione più semplice e la maggior aderenza alla terapia hanno migliorato significativamente la qualità della vita dei pazienti. Ne è conferma la combinazione a base di bictegravir, emtricitabina e tenofovir alafenamide approvata da poco in Italia. Si tratta del terzo regime Str a base di emtricitabina e tenofovir alafenamide ad essere disponibile negli ultimi tre anni". "Non ci fermiamo qui, la lotta all' HIV va avanti. Il nostro obiettivo dal punto di vista della ricerca è quello di andare oltre la riduzione della carica virale e risolvere il problema delle resistenze, sviluppare un trattamento a lunga durata di azione e arrivare alla cura, cioè all' eliminazione del virus dall' organismo", aggiunge Confalone.

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Ad inizio giugno si è svolto a Milano il congresso Icar 2019 (Italian Conference on Aids and Antiviral Research), la conferenza italiana sull' Aids. Un evento che ha fatto il punto sulle strategie da mettere in campo per 'mettere all' angolo' l' Hiv. Per Antinori, "se vogliamo ridurre il numero di nuovi diagnosi in Italia, ancora costante su circa 3.400 casi nel 2017, secondo i dati dell' Iss, si deve agire su più livelli: diagnosticare e trattare prima tutti e offrire in Italia la Prep, o profilassi pre-esposizione, a chi ne ha bisogno - rimarca il medico - Queste due strategie combinate hanno dimostrato per la prima volta in Usa e in Gran Bretagna di ridurre i nuovi casi di Hiv". "Oggi ci sono 380 mila persone nel mondo che utilizzano la Prep - spiega Antinori - Il soggetto a rischio, sieronegativo, ma potenzialmente esposto a rapporti sessuali a non protetti, fa questa profilassi farmacologica, come si fa con la malaria. In Paesi come gli Usa, l' Australia e anche in Europa si sta utilizzando la Prep, rimborsabile però ancora in poche realtà (Belgio, Scozia e Norvegia). In Ue si stima che ad oggi ci siano 22 mila persone che usano la Prep". "Oggi la strategia di trattare tutti i soggetti che riusciamo a diagnosticare, aumentare la capacità diagnostica per farlo prima e velocemente, intervenire sui sieropositivi per abbattere la viremia e far fare la profilassi ai soggetti ad alto rischio, ha consentito in Gran Bretagna di ridurre in maniera consistente il numero di nuovi diagnosi. Dati 2017 - conclude - evidenziano che il tasso di incidenza dell' Hiv si è ridotto da 9 per 100 mila abitanti a 6 per 100 mila, ovvero del 30%. Lo stesso è accaduto a San Francisco".

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